Esclusiva UKCalcio: la nostra intervista con l’attaccante del Falkirk, Alfredo Agyeman

Abbiamo avuto il piacere di intervistare l'attaccante del Falkirk, Alfredo Agyeman: ecco quello che ci ha detto nel corso della nostra chiacchierata

Nelle scorse ore, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Alfredo Agyeman, giovane attaccante 24enne attualmente in forza al Falkirk, in Scottish Championship. Durante la chiacchierata, Alfredo ci ha raccontato tanto della sua storia personale, che delle ultime stagioni passate all’interno delle leghe professionistiche scozzesi.

Dal suo racconto sono infatti emerse tante belle storie, sia sul suo contesto attuale che sugli inizi della sua carriera e sulla gioventù trascorsa proprio in Italia. Prima di addentrarci nell’intervista vera e propria, vogliamo prima ringraziare il Falkirk Football Club, nella figura del Media and Communications Officer, Andrew Macleod, e lo stesso Alfredo per la straordinaria disponibilità e gentilezza con cui si sono approcciati a questa nostra proposta.

L’intervista esclusiva con Alfredo Agyeman: gli esordi e l’arrivo in Scozia

Alfredo, per prima cosa parliamo della tua esperienza personale. Nonostante la giovane età, il tuo percorso non è uno di quelli che si sentono tutti i giorni…

“Sì, io sono nato in Ghana, ma a tre anni mi sono trasferito in Italia insieme ai miei genitori. Ho vissuto lì fino ai 14 anni, per poi venire a stare qui in Scozia, dove avrei potuto avere maggiori occasioni per il futuro, insieme a tutta la mia famiglia. In Italia, comunque, ho cominciato a giocare a calcio e l’ho fatto in particolar modo con la squadra del mio paese, la Sacilese. Durante quegli anni ho anche avuto modo di fare qualche provino con società professionistiche, come la Virtus Entella, ma il trasferimento in Scozia ha poi cambiato un po’ i piani di tutti”.

“Appena arrivato qui – prosegue l’attaccante del Falkirk – non avevo ancora una squadra, quindi ero solito giocare per strada, insieme ai primi ragazzi che avevo conosciuto. Un giorno, però, un signore mi notò e mi portò a fare un provino con il Motherwell, una delle più importanti squadre professionistiche del Paese. Alla fine, quella prova andò bene: il club decise di prendermi e con loro feci tutta la trafila del settore giovanile, firmando il mio primo contratto da professionista a sedici anni”.

“Al Motherwell, sono sincero, le cose non sono poi andate benissimo: arrivato in Under 20, il club ha deciso di lasciarmi andare e da lì ho deciso di firmare con il Queen’s Park. Con loro avevo anche cominciato bene, riuscendo subito a farmi inserire in prima squadra, poi però è arrivato il COVID che ha bloccato tutto. È stato un colpo pesante quello, perché da lì in avanti sembrava che la mia carriera fosse destinata ad andare verso il basso”.

Scozia e Italia: due modi completamente diversi di intendere il calcio

Prima di andare avanti con la tua carriera, parliamo un po’ delle differenze tra Scozia e Italia. Tu hai avuto modo di vivere in prima persona i settori giovanili di entrambi i Paesi: quali differenze hai notato principalmente?

“Sono sincero, le differenze tra Scozia e Italia sono grandissime. Ricordo che quando giocavo in Italia mi sentivo molto più libero, nel senso che l’allenamento era basato soprattutto sull’utilizzo del pallone. In Scozia, al Motherwell in particolare, a tutti i giocatori viene richiesto un grandissimo lavoro fisico, anche in allenamento. Qui, ad esempio, le sedute in palestra sono fondamentali; in Italia, almeno quando si è ragazzi, questa idea non la trovi quasi da nessuna parte”.

“Un’altra grande differenza è sull’aspetto tattico. In Italia, lo sappiamo, la tattica è molto importante. Qui, invece, il calcio è inteso in maniera molto più aggressiva, quindi l’aspetto fisico è preponderante. Questa mentalità la trovi sia in allenamento che in partita, motivo per cui a noi viene chiesto di lavorare tantissimo sulla parte atletica”.

E come ambiente, com’è stato il primo impatto con la Scozia?

“Non è stato facile. Personalmente, credo di averci messo due o tre anni prima di integrarmi completamente in questo nuovo ambiente. Anche la lingua, per dire, ha avuto il suo peso: l’accento scozzese è molto più marcato rispetto a quello degli inglesi e io non ero abituato a queste cose. Io poi non sono una persona troppo espansiva, quindi anche con gli amici ci ho messo un po’ di tempo prima di ambientarmi del tutto”.

“Un fattore positivo, anche dal punto di vista del calcio, è stato quello della scuola. Il modo di intendere la scuola che si ha in Scozia è completamente diverso da quello italiano: io ho avuto la fortuna di andare in un istituto che si chiama Performance School, il quale mi permetteva di allenarmi con i professionisti finite le classiche ore di lezione. Quello mi ha aiutato molto ed è stato sicuramente utile nella mia crescita come calciatore”.

Tu hai compiuto questo grande salto in giovane età. Che bilancio ti senti di dare, per ora, a questa tua esperienza?

“Sicuramente un cambiamento di questo tipo è molto rischioso, soprattutto per i ragazzi giovani. All’inizio può sembrare tutto difficile, ma se hai la mentalità giusta e sei determinato nel fare le cose come si deve, credo che diventi un’esperienza davvero utile. Non c’è nulla di cui aver paura”.

La chiamata di Kevin Thomson e l’approdo tra i professionisti

La svolta è arrivata in una gara contro i Rangers B, allora allenati da Kevin Thomson…

“Sì, ai tempi io giocavo al Broomhill e quella contro i Rangers B era la classica amichevole prima dell’inizio del campionato. Ricordo che perdemmo 5-1, ma il nostro gol lo feci io e, in generale, disputai una buona partita. Fu per quel motivo che Thomson decise di chiamarmi a fare una serie di allenamenti con i Kelty Hearts: lui era appena stato assunto come manager e si ricordava ancora di me, quindi decisi di andare e, alla fine, firmai con il club”.

Appena arrivato ai Kelty Hearts hai vinto il campionato di League Two. Che ricordi hai di quell’esperienza?

“L’esperienza è stata senza dubbio positiva: vincere un campionato è sempre bello e per il club era comunque una situazione abbastanza nuova, visto che prima di allora non aveva mai disputato alcuna stagione in League One“.

Che personaggio è stato, per la tua carriera, Kevin Thomson?

“Lo rispetto molto. È stato lui a darmi un’opportunità quando nulla stava andando per il verso giusto. In campo, poi, mi ha fatto migliorare molto, quindi devo dargli grande credito per i traguardi che sono riuscito a raggiungere finora”.

L’approdo al Falkirk: il grande salto in avanti nella carriera di Alfredo Agyeman

Dopo la vittoria del campionato con il Kelty, ti sei fatto notare dal Falkirk. Quella squadra, com’è poi tutt’ora, era allenata da John McGlynn. Che tipo di allenatore è dal tuo punto di vista?

“Sì, come detto, quella col Kelty era stata un’ottima stagione per me e farmi notare dal Falkirk è stato sicuramente un grande traguardo. Appena informato della notizia, ero già convinto ad andare lì, proprio per via del mister. John McGlynn è un allenatore che da queste parti si trova raramente: nessuno, qui in Scozia, propone un calcio palla a terra come il suo. La prima sensazione che ho avuto è stata che il suo modo di giocare fosse perfetto per le mie caratteristiche”.

“Da un punto di vista personale, il mister è una persona estremamente seria e professionale: non si accontenta mai, vuole sempre di più. Lui vive letteralmente di calcio, quindi anche per noi diventa un ulteriore motivo di stimolo: non potremmo avere un allenatore migliore”.

Prima dicevi che le tue caratteristiche si sposano bene con lo stile di gioco di McGlynn. Che tipo di giocatore sei?

“Sì, diciamo che mi sento un giocatore a cui piace portare anche un po’ di spettacolo in campo. Chiaro, a tutti piace vincere e quello è sempre l’obiettivo principale, però mi piacerebbe che la gente mi vedesse come un giocatore che è in grado di lasciare anche dei bei ricordi ai tifosi che ci vengono a vedere allo stadio”.

Parliamo un po’ del Falkirk. Come ci descriveresti il club in cui giochi e l’ambiente che lo circonda?

“Il club è davvero fantastico. Le strutture sono ottime e lo stadio è bellissimo, con un campo sintetico che in tanti ci invidiano. Per quanto riguarda l’ambiente, i fan sono speciali: a mio modo di vedere sono una delle tifoserie più appassionate di tutto il Paese, non solo tra quelle di Championship, ma anche considerando molti club di Premiership. Su Falkirk città, invece, non saprei descriverla benissimo perché vivendo a Glasgow, vengo qui solo per gli allenamenti e le partite”.

L’ultima stagione con il Falkirk e la vittoria del campionato di Scottish League One

L’anno scorso, insieme ai tuoi compagni, hai vissuto una stagione davvero memorabile, vincendo il campionato da imbattuti. Qual è il ricordo più bello che ti porti di quell’avventura?

“Sì, l’anno scorso è stato davvero fantastico. Vincere il campionato senza mai perdere è un obiettivo difficilissimo da raggiungere ed è uno di quelli che ti ricordi per tutta la vita. Come momento più bello, direi che tutti ricorderemo l’ultima partita della stagione: perdevamo 2-0 ad inizio secondo tempo e siamo riusciti a pareggiarla alla fine, prendendoci ufficialmente il titolo di Invincibles“.

C’è stato un momento, nel corso della stagione, in cui avete realizzato che quello era senza dubbio il vostro anno?

“Durante la scorsa stagione, come poi stiamo facendo anche adesso, abbiamo approcciato ogni partita come se fosse una finale, quindi non c’è stato un vero e proprio momento in cui ci siamo detti “ok, quest’anno il campionato lo vinciamo noi”. Le poche volte in cui è successo, era più che altro un confronto che avevamo tra di noi in spogliatoio: all’esterno non l’abbiamo mai dichiarato finché non siamo effettivamente stati promossi”.

Qual è, secondo te, quel segreto che c’è all’interno del vostro gruppo che vi ha permesso di ottenere così tanti risultati utili consecutivamente?

“L’aspetto fondamentale direi che sia il benessere che c’è all’interno dello spogliatoio. Andiamo tutti d’accordo e lavoriamo sempre bene insieme: tutti sappiamo che prima dei singoli, c’è il Falkirk come squadra. Inoltre, dobbiamo fare i complimenti al mister perché ci ha sempre tenuto con i piedi per terra, nonostante i tanti risultati utili consecutivi. Alle volte, quando si fa così bene, è facile perdersi un po’, ma lui ci ha sempre tenuti sull’attenti e ci ha aiutato tanto”.

La stagione attuale: il grande avvio in Scottish Championship e la sfida al Celtic

Come detto, anche in questo inizio di stagione, le cose stanno andando molto bene per voi. Domenica scorsa avete addirittura affrontato il Celtic nei quarti di finale di Scottish League Cup. Che partita è stata per te?

“Quella di domenica è stata una partita davvero fantastica. Prima del sorteggio non ci aspettavamo di giocare contro il Celtic, ma quando lo abbiamo scoperto eravamo tutti contentissimi. Sai, di solito noi siamo abituati a giocare davanti a 5/6mila persone: a Celtic Park ce n’erano 60mila, tutti rumorosissimi. Il campo poi era fantastico: è uno di quegli stadi in cui vorresti giocare ogni sabato (ride, ndr)”.

“Riguardando poi la partita, al di là del risultato, sono molto contento di come ho giocato in quell’occasione. Mi sono goduto l’esperienza e sono riuscito a rendermi utile per la mia squadra. Alla fine abbiamo anche rischiato di vincerla, anche se nel secondo tempo è cambiato tutto. Speriamo di poter avere ancora l’occasione di giocare contro il Celtic quest’anno, magari di nuovo in casa loro…”

Siete partiti benissimo in campionato. Qual è il vostro obiettivo per la stagione di Scottish Championship?

“È vero, siamo partiti molto forte. L’obiettivo è, senza dubbio, quello di rimanere in queste posizioni di classifica o, comunque, tra le prime quattro. Come detto prima, noi giochiamo ogni partita come se fosse una finale, quindi le aspettative all’interno dello spogliatoio sono alte. Speriamo di continuare a fare bene anche nei prossimi mesi”.

All’interno del campionato, quali sono le squadre che possono impensierirvi di più?

“Rispetto all’anno scorso, ovviamente, il livello si è alzato. La Championship è un campionato con molto più ritmo e molta più velocità rispetto alla League One, quindi ogni partita è tosta e imprevedibile. Guardando un po’ all’avvio di questa stagione e alle rose delle varie squadre, direi che Ayr United, Queen’s Park e Partick Thistle sono quelle che potrebbero rivelarsi le nostre avversarie più ostiche”.

Sabato affronterete i Raith Rovers. Che partita ti aspetti?

“Sarà una gara tosta, come tutte in questo campionato. Loro quest’anno devono ancora vincere, quindi avranno ancora più voglia di fare bene. Anche noi però abbiamo chiaro il nostro obiettivo: speriamo di giocare una bella gara e portare a casa tre punti importanti”.

Un punto di vista personale: la stagione con il Falkirk e il futuro

Chiudiamo con alcune domande più personali. Qual è il tuo obiettivo per quest’anno?

“Dal mio punto di vista voglio cercare di migliorarmi, sia per numero di gol che di assist. In campo credo di prendere le scelte giuste, ma se riesco ad aggiungere qualche rete o qualche passaggio vincente in più, non è male”.

E per il futuro? Dove ti vedi tra cinque anni?

“Sono sincero, mi piacerebbe molto ritornare in Italia. Lì ho ancora tanti amici, conosco già il modo di giocare dei vari campionati, quindi è un obiettivo che ho sempre tenuto in mente. Ovviamente, però, adesso sono concentrato sul Falkirk e voglio fare bene con questa maglia”.


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Fonti
Foto Credits: www.falkirkherald.co.uk

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